drammaturgia a cura degli allievi del terzo anno di Corso di Fondamenta La Scuola dell’Attore
con (in ordine di entrata)
Andrea Giombini, Jole Risi, Simone De Renzo, Nino Domina, Alisia Pizzonia, Elisa De Paolis, Stefano Miscio,
Denise Sarica, Mattia Spedicato, Maria Beatrice Giovani, Alex D’Alascio, Daniel Zerbini, Rosario Spadaro,
Vanessa Littera, Biagio Coppola, Maria Federica Bianchi, Antonino Palmeri, Leonardo Codispoti,
Andrea Miticocchio, Alessio Rossano, Nicoletta Bazzichi, Cosimo Desii, Marika Ruta
coordinamento testi Giampiero Rappa, disegno luci Marco Laudando, costumi Daniela Catone
regista assistente Brianda Carreras, sound design Quartoquinto Studio
assistenti alla regia Cosimo Desii Marika Ruta
regia
Giampiero Rappa
Se potessi esprimerlo con le parole non ci sarebbe nessuna ragione per dipingerlo. Questo era il pensiero di Edward Hopper rispetto alla sua arte, ma è pur vero che l’artista americano amava molto il teatro, come del resto la moglie Josephine Verstille Nivison che oltre a essere pittrice e modella era stata pure attrice. Tutti i suoi quadri sono scene potenzialmente teatrali da cui poter ricavare racconti, monologhi, dialoghi. Non si toccano mai le figure di Hopper, si sfiorano, si annusano, non sempre si guardano. Sono lì che aspettano di realizzare il proprio obiettivo, spesso segreto agli altri ma anche a se stessi. Tra le ombre e le luci che attraversano i loro corpi tesi si può immaginare una pausa cechoviana, un dialogo pinteriano, un’atmosfera beckettiana, la metateatralità di Pirandello.
La sfida è stata questa: prendere quattordici quadri per ventitré attori. Creare delle storie cercando di non dimenticare che ognuno di questi quadri aveva in sé l’anima dell’artista, quindi la sua biografia, il suo modo di vedere il mondo. Non era un uomo per niente facile Hopper, così ci racconta nei suoi diari la moglie Josephine. Silenzioso, cupo, sarcastico, rabbioso, spesso depresso e neanche così sicuro di se stesso fino all’ultimo istante della sua vita nonostante tutti i riconoscimenti ricevuti dal pubblico e dalla critica. Proprio per questo abbiamo pensato che fosse giusto dare uno spazio anche alla vita di Josephine, una donna e un’artista che ha contribuito non poco al successo del pittore americano. Del resto lo farà lo stesso Hopper gli ultimi anni della sua vita dedicandole l’opera Two Comedians, un quadro che non per caso rappresenta una coppia di attori su un palcoscenico.
Una scena che non si può raccontare ma solo guardare.
Giampiero Rappa