di Tito Maccio Plauto
Traduzione di Giancarlo Sammartano
Agoràstocle, un ragazzo cartaginese che, piccino, era stato rapito e cresciuto in Etolia, si innamora della giovane vicina di casa Adelfasio. Con l’aiuto del servo Milfione, organizza un intrigo per riscattare la ragazza, che con la sorella Anterastilide, è proprietà dell’odioso lenone Lico. L’intrigo riesce. A questo punto, giunge Annone, cartaginese, in cerca delle sue due figlie che gli furono rapite da bambine. Annone riconosce presto in Agoràstocle il proprio nipote e in Adelfasio e Anterastilide le proprie figlie. Le nozze dei due innamorati concludono la commedia.
Il Cartaginese, composto nel ricordo delle guerre puniche, che tanto avevano scosso la potenza militare e politica romana, costituisce un esilarante intreccio di innamorati, ragazze libere vendute come schiave, servi sciocchi e intraprendenti e soldati spacconi. Travestimenti, inganni, trappole, fino ad arrivare al finale dove trionfa la giustizia del buon senso.
Nell’allestimento di Giancarlo Sammartano, quattro attori – attraverso l’uso delle maschere – interpretano, in un vorticoso e di per sé spassoso gioco teatrale, tutti i ruoli del testo.
Le maschere, realizzate da Giancarlo Santelli, sono ricreate sul modello delle terracotte votive a Dioniso, rinvenute a partire dagli anni ’50 negli scavi della necropoli di Lipari, che riproducono fedelmente i tipi della commedia greca nuova di Menandro e per affinità quelli della palliata latina.
Il mondo plautino non descrive soltanto una galleria di tipi e situazioni comiche paradossali, ma riflette, nella deformazione del teatro, un intero mondo sociale. Uno spazio di libertà che solo il teatro, nella sua leggerezza ed apparente innocuità può permettersi di praticare. Nel teatro plautino – un corpo di commedie leggibili come capitoli di un grande romanzo – si realizza una saga di piccole avventure di strada dove il debole per una volta sconfigge il divario della classe, del denaro, della prepotenza del potere. In una società divisa tra patrizi e plebei, tra liberi, schiavi e schiavi affrancati, il sarcasmo di Plauto pesca, distorce ed inventa meccanismi comici che si trasformano in satira di costume e di vita sociale. La concezione di personaggi-maschere, se da un lato toglie loro rotondità e sfumature psicologiche, d’altro canto allarga a dismisura il loro significato oltre il tempo della storia, costruendo modelli di natura antropologica che saranno ripresi ed elaborati a partire dal Rinascimento europeo fino ai giorni nostri.
Interpreti Paolo Floris, Tommaso Lipari, Mattia Parrella, Andrea Puglisi
Regia Giancarlo Sammartano
Maschere Giancarlo Santelli Scena e Costumi Daniela Catone Musiche Stefano Marcucci Organizzazione Fulvio Ardone